
Cara Roma,
non avrei dovuto scriverti forse, posso parlarti ogni giorno, ma “scripta manent”.
Sono i tuoi padri ad averlo insegnato, con una cultura talmente smisurata da essere utilizzata anche da chi non li ha mai letti o conosciuti, anche da chi non ha mai sentito le perle che hanno lasciato al tempo, anche da chi commette errori nel citare quella lingua così bella e perentoria.
Il tuo Latino lo usano tutti, è un debito che la storia ti deve e ti ammiro perché sei sempre in credito, per quanto hai dato, per aver ospitato geni assoluti e per esserti fatta forgiare fiduciosa, sapendo di essere nelle mani di Michelangelo e Bernini.
Mi sei piaciuta immediatamente, da quando neanche diciottenne sono venuto a conoscerti con mille speranze e tanti retaggi.
Ti ho vista sconfinata, ricca ,chiassosa, ma anche silenziosa, affascinante, eterna.
Hai conosciuto la schiavitù, ma fai sentire gli uomini liberi, certe mattine, con il vento che lieve scivola tra i monumenti, con quelle piazze che sembrano sorridere a chi le guarda.
Del resto, quando qualcuno ancora ti chiama “Caput Mundi”, ti inorgoglisci e pensi che in fondo Parigi, Londra saranno belle sì, ma non hanno l’anima che hai tu, non sopportano il peso dei millenni, non sono state come te sante e lussuriose.
Mi incuriosiscono sempre le tue ombre, sotto le quali si nascondono turisti stanchi e spaesati o amanti tristi o ancora piccioni grossi come galline.
Le strade, estenuate da un detto che ricorda che tutte riconducono a te, hanno lasciato passare spiriti diversi.
La storia ci parla della tua vita e alcune immagini che regali, dal Pincio, da Trinità dei Monti, dal Gianicolo, non hanno rivali.
Sei meravigliosa, perciò di tanto in tanto ti trascurano.
Perché in Italia invece di preservare le meraviglie, le diamo per scontate.
Quando ci fa comodo, quando ci sentiamo mal rappresentati o indietro nella perenne corsa mondiale, ti sfoderiamo come argomentazione, sicuri di poter dire: “Noi abbiamo Roma”. E sicuri del fatto che tu sarai sempre lì a dimostrarlo a tutti.
Mi piacciono le tue anime misteriose.
La zona di Trastevere, definita “caratteristica”, con un aggettivo orribile che per esaltare l’unicità, la banalizza.
Caratteristico può essere un piatto di pasta e fagioli, un vinello dei Castelli, ma Trastevere proprio no. E’ molto di più.
E Testaccio, rinato dopo anni in cui era stato assurdamente ghettizzato, che trasmette cultura a onde lunghe, che ti fa sentire a tuo agio anche se, timoroso, tenti di capire dove ti trovi.
Le fontane da cui scorre la vita spengono l’arsura di un povero passante… Il tempo di riprendere fiato, di alzare la testa e di rimanere a bocca aperta ad ammirare il Pantheon e le mille chiese che ti incidono come solchi nella pelle e ti rendono padrona assoluta delle arti classiche.
Come il Tevere che certe volte tenta di avvolgere l’Isola Tiberina per poi riscendere educato, mi scuso per aver provato a definirti.
Hai vinto tu, sei davvero perennemente la più bella.
Antonio
grazie roma, anche quando impiego 20 minuti di autobus per fare 1 km...poi vedo il colosseo e il tempo si ferma!
RispondiEliminaSì, bisogna ringraziarla ogni giorno
RispondiEliminagrande antonio, lo spirito di Roma una volta entrato in circolo non ti abbandona più...
RispondiEliminaBy il rinnegato barese/milanese :)
Vero Frank, ho scritto una lettera a Roma senza pretese e viva viva Matarrese!!
RispondiElimina