Cara New York, in Italia si respira un'aria pesante e allora la mente corre a te, al sogno. Corre alle facce che ti popolano, agli uomini che camminano per le tue strade muti, veloci, uguali. Sembrano dipinti da Magritte, così surreali da essere veri. Penso alle maschere distinte che hai adottato, come i volti dei meridionali seduti ad Arthur Avenue: facce italiane, scavate da sacrifici e da lavori che forse non si possono raccontare. Espressioni vive, che hanno sempre qualcosa da insinuare. Sento il tuo odore, New York, acre, unico. Un odore che sa un pò di senape e un pò di metro, un odore impossibile da "annusare a parole". La televisione passa un film che espone la tua età fertile, gli anni ottanta, nei quali eri casa delle speranze, eri un modello perfetto da esportare. Le pellicole di oggi ti raccontano con grande disillusione, quasi con tristezza. La stessa tristezza che provo a passeggiare a Times Square mentre piove, con le luci che tentano di contrastare la nat