
Arriva un attaccante, se ne va L'ATTACCANTE.
Con tutto il rispetto e la speranzosa fiducia nei confronti di Fabio Quagliarella, ieri è stato frantumato un piccolo pezzo di cuore juventino.
David Trezeguet cambia squadra, con discrezione, con il passo felpato che lo accompagnava anche in campo.
Una sorta di armoniosa pantera che nessuna difesa è mai riuscita a decifrare fino in fondo.
Il ragazzo di Rouen, ma argentino nell'anima. Di francese non ha niente, parla un italiano sporcato dall'inflessione argentina e sugli spalti è sempre circondato dall'affetto della sua famiglia, un calore sudamericano che vede l'adorata mamma in prima linea.
David va a giocare nell'Hercules di Alicante, non proprio il Barcellona o il Real Madrid. Accetta questa sfida con la solita, consueta, umiltà.
In questi lunghi anni ho sentito più volte strombazzare nomi di presunti grandi bomber, poi però, guardando giocare la Juve, si vedeva un calciatore che era una sorta di tassa. Venti goal ogni campionato. Di piede, di testa, di bacino, di pancia, di braccio.
Sempre.
David ha sempre saputo fare solo quello: goal, goal, goal.
Non è mai stato capace di un dribbling o di un tiro da fuori area. Neanche riesco a ricordare tutte le volte che ho imprecato per 80 minuti davanti alla tv. Sembrava non imbroccarne una. Poi, come nel caso del favoloso goal contro il Toro, mi zittiva.
Con parabole magiche, figlie di una capacità di coordinarsi quasi disumana.
In occasione delle conclusioni al volo, David era capace di torsioni totali della gamba e del bacino.
Qualunque cross sporco ( vedi De Ceglie) o pulito ( vedi Nedved) che arrivasse, David c'era sempre. Era insostituibile.
Esaltante.
Mi viene in mente la sua tipica esultanza, a scuotere affermativamente la testa, come a dire sì, sì, è tutto vero quello che avete visto, è goal.
Oppure mi viene in mente quanto abbia fatto male al Real Madrid, quanti morsi abbia dato al Milan, all'Inter, a tutti.
Non saprei cosa altro scrivere, mi viene da applaudire.
Ciao David.
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