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Facebook logora chi ce l'ha


Ebbene sì. O almeno così sembra.

Il più popolare tra i social network ha due miliardi di utenti fissi al mese. Questo dicono le statistiche

È  insomma il Paese, seppur virtuale, con più abitanti al mondo. Merito di Zuck ( o di chi ha avuto per davvero l'idea, leggere Mezrich) e dei suoi collaboratori. 

Ci ha conquistato, con il fascino cialtrone di un luogo in cui tutti si sentono Bukowski, Emily Ratajkowski o Lewandowski. 

Possiamo esprimere solidarietà per un attentato, confessare la nostra smodata passione per i gattini e dichiararci strenui oppositori di Kim Jong-un. È un posto fantastico, in breve, del quale moltissimi non riuscirebbero a fare a meno. Anche questo post andrà ad arricchire tra poco il fiume di contenuti che ogni secondo vengono pubblicati. 

Ok, ricevuto, ma è anche un posto bruttissimo. L'unica dimensione di vita per tanti social-addicted, ll rifugio ultimo dei guardoni e dei delusi in amore o sul lavoro. 

Oggi, una storia carpita sull'autobus mi ha fatto venire alla mente un celebre adagio andreottiano:"Il potere logora chi non ce l'ha". Parafrasando malamente il Divo, mi spingo a dire che, in certi casi, Facebook logora chi ce l'ha.
Una signora di circa 45 anni, parlando animatamente con un'amica al telefono, questo le consigliava:"Non aprire più Facebook, non guardare il suo profilo, altrimenti TI ROVINI LA VITA."

Quanta forza hanno allora le immagini? Quanta ne hanno le amicizie, i like, gli status?
Quanto potere abbiamo concesso a Facebook e quanto se n'è preso?

Si potrà dire:"Be', tu hai origliato sull'autobus, Facebook ripropone una dinamica simile attraverso parole, immagini ed emoticon."
Sì, ci posso stare, ma c'è un'ineffabile perversione in questa piattaforma che ci offre la possibilità di stringere AMICIZIA e, al contempo, riesce a regalare SOFFERENZA a chi più avverte l'importanza del giudizio altrui, dell'affermazione altrui e della gioia altrui.
Non so se la signora si riferisse al profilo di un uomo amato dall'amica o a quello di un'odiata nemica, ma trasmetteva con sicurezza un messaggio: bisogna stare alla larga da quello strumento perché i messaggi che decodifichi sono tossici. TI ROVINANO.
E qui potrei sproloquiare su McLuhan e su quella semplificazione del suo pensiero tradotta con "Il medium è il messaggio". Facebook è un sub-sub-sub. Perché bisogna accendere lo strumento pc ( o smartphone, etc...), accedere allo strumento browser e infine arrivare allo strumento Facebook. 
Ai posteri l'ardua sentenza. 
Forse con Facebook siamo più infelici che felici, come con la droga, ma non riusciamo a smettere. Infatti sono nati, a partire naturalmente dagli USA, gruppi di ascolto e terapia per gente incastrata nei social. 
In Italia piano piano sta spuntando qualcosa, ma parallelamente Facebook sembra contare sempre di più. Se una cosa non sta lassù non è importante (oppure lo è per davvero, tanto da volerla tenere per sé).
Insomma, sulle note di Levante, caro Facebook, sei un pezzo di me...


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