
Sarebbe stato troppo bello per essere vero...
Il primo tempo fai la partita perfetta, costringi Kakà a giocare come Toni, a non strusciare un pallone, a essere impacciato.
Riduci Luis Fabiano a un buon attaccante di serie C e fai a fette la difesa brasiliana come una gonfia torta da mordere più che da mangiare.
Non pensi di essere gli Stati Uniti, sei in finale e allora ci provi, fuori la grinta e via al contropiede con Davies e Donovan a disegnare una ripartenza che avrebbe fatto commuovere il buon Arrigo da Fusignano.
Chiudi il primo tempo così, con la convinzione di aver annullato il gap che separa 5 mondiali vinti e la storia del calcio dal tuo soccer periferico per vecchi campioni che vogliono ancora qualche milioncino.
Esci dallo spogliatoio, dopo che il mister ha provato a dirti di restare calmo perché davanti c'è i Brasile,di rimanere concentrato e soprattutto di correre a perdifiato per togliere gli spazi ai folletti carioca.
Torni in campo un pò stanco e un pò presuntuoso perché, a differenza di quello che il mister ti ripete, questi brasiliani non ti sono sembrati più forti, due goals di vantaggio sono tanti e, suvvia, quando ti riprenderanno?
Con te però, dall'altra parte, riscende in campo la storia, una maglietta che ha avuto l'onore di vestire Pelé, Dialma Santos, Garrincha, Romario, Ronaldo, Ronaldinho e quel ragazzo pallido che adesso vedi con la numero 10.
Senti l'aria mancare, perché Luis Fabiano ti punisce subito, al pronti-via.
Non ci credi, la gola si strozza, quasi piangi, quando sempre quel giaguaro con un colpetto di testa pareggia.
Ti senti morire infine quando un lungagnone sbuca in aria, issato dalla storia e ti trafigge inesorabilmente per il 3-2.
Piangi, mentre la storia esulta.
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