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Il discorso di Obama a Shangai


OBAMA: "Buon pomeriggio a tutti. È un grandissimo onore essere qui oggi a Shanghai ed avere
l'opportunità di parlare con tutti voi. Vorrei ringraziare il presidente Yang dell'Università di Fudan
per la sua ospitalità e il cortese benvenuto che mi ha dato. Ringrazio anche l'Ambasciatore Jon
Huntsman che incarna i profondi legami e il rispetto esistente tra le nostre nazioni. Non so che cosa
abbia detto con precisione, ma mi auguro che abbia detto cose positive [Risate].
Vorrei iniziare con alcune osservazioni preliminari, e in seguito accoglierò molto volentieri le
vostre domande, non soltanto quelle degli studenti qui presenti tra il pubblico, ma anche le domande
che arrivano online e che alcuni degli studenti del pubblico o lo stesso Ambasciatore Huntsman
sceglieranno e potranno rivolgermi. Mi dispiace che il mio cinese non sia altrettanto buono come il
vostro inglese, ma in ogni caso sono molto lieto per questa occasione di dialogo.
È la prima volta che mi trovo in Cina e sono entusiasta all'idea di visitare questo grandioso Paese.
Qui a Shanghai il progresso e lo sviluppo in corso hanno attirato l'attenzione del mondo intero, con
i suoi grattacieli altissimi, le strade brulicanti di attività, la frenetica imprenditoria. E proprio come
sono rimasto colpito da questi segnali che testimoniano l'ingresso della Cina nel XXI secolo, sono
impaziente di visitarne i luoghi più antichi, che parlano del lontano passato cinese. Oggi e domani
spero di avere occasione a Pechino di visitare la splendida Città proibita e la meravigliosa Grande
Muraglia. Questo è un Paese dal ricco passato, e che al contempo promette di avere un grande
futuro.
Altrettanto può dirsi dei rapporti tra i nostri due Paesi. Shanghai, naturalmente, è una città che ha
assunto un importante significato nella storia delle relazioni tra Stati Uniti e Cina. È qui che 37 anni
fa, infatti, il Comunicato Ufficiale di Shanghai inaugurò un nuovo capitolo di reciproco impegno
da parte dei nostri governi e dei nostri popoli. Tuttavia, i legami che l'America ha con questa città –
e questo Paese – risalgono ancora molto più indietro nel tempo, ai primi giorni dell'indipendenza
americana. Nel 1784 il padre-fondatore della nostra patria, George Washington, ordinò che fosse
costruita l' Empress of China, una nave in grado di raggiungere questi lidi, così da poter intrattenere
rapporti commerciali con la Dinastia Qing. Il desiderio di raggiungere nuovi orizzonti, di forgiare
nuove partnership che siano di reciproco vantaggio è una caratteristica istintiva dell'America. Nei
due secoli che sono seguiti da allora, le correnti della Storia hanno dirottato spesso in direzioni
diverse il rapporto esistente tra i nostri due Paesi. Ma anche nel pieno di travolgenti tempeste, i
nostri popoli ebbero l'opportunità di allacciare rapporti profondi e intensi. Per esempio, gli
americani non dimenticheranno mai l'ospitalità offerta ai nostri piloti quando furono abbattuti su
suolo cinese durante la Seconda guerra mondiale, per essere poi accuditi da cittadini civili cinesi
che così facendo misero a repentaglio la loro stessa vita. E i veterani cinesi di quella guerra ancora
oggi accolgono a braccia aperte i veterani americani di guerra che tornano a visitare i luoghi nei
quali combatterono per liberare la Cina dall'occupazione.
Un rapporto diverso nacque all'incirca quaranta anni fa, quando il gelo esistente tra i nostri rispettivi
Paesi iniziò lentamente a sciogliersi semplicemente grazie al ping pong. Nonostante tutte le nostre
differenze, mettemmo in luce la nostra comune umanità e la nostra comune curiosità. Ricordo che
un giocatore americano descrisse in questi termini la sua visita in Cina: "La gente è proprio come
noi…il Paese anche, è molto simile all'America, ma al contempo è molto diverso».


Naturalmente a questa piccola apertura fece seguito il Comunicato Ufficiale di Shanghai, che sancì
l'instaurarsi di relazioni ufficiali tra Stati Uniti e Cina nel 1979. E guardate adesso, a che punto
siamo arrivati!
Nel 1979 il commercio tra gli Stati Uniti e la Cina aveva un volume d'affari pari più o meno a
cinque miliardi di dollari, mentre oggi ogni anno supera i 400 miliardi di dollari. Il commercio
influisce sulla vita dei nostri popoli in molteplici modi: l'America importa dalla Cina molte delle
componenti dei computer che usiamo, dei vestiti che indossiamo; mentre noi esportiamo in Cina
macchinari che aiutano a far funzionare la vostra industria. Gli scambi commerciali potrebbero
creare molti più posti di lavoro su entrambe le sponde del Pacifico, e consentire ai nostri popoli di
avere una qualità della vita migliore. A mano a mano che la domanda diverrà più equilibrata,
porterà sicuramente a un benessere e a una prosperità maggiori.
Nel 1979 la cooperazione politica tra Stati Uniti e Cina era radicata essenzialmente nella nostra
comune ostilità nei confronti dell'Unione Sovietica. Oggi, invece, abbiamo un rapporto positivo,
costruttivo, pregnante, che giova enormemente per spianare la strada a un partenariato sulle
questioni globali più importanti della nostra epoca, la crisi economica e lo sviluppo di energia
pulita; ostacolare la proliferazione delle armi nucleari e la piaga del cambiamento del clima;
promuovere la pace e la sicurezza in Asia e in tutto il pianeta. Tutti questi argomenti sono all'ordine
del giorno del mio colloquio fissato domani con il presidente Hu.
Nel 1979, oltretutto, i rapporti tra i nostri popoli erano limitati. Oggi vediamo che la stessa curiosità
dei giocatori di ping pong di allora si manifesta in rapporti che nascono in molteplici settori. Il
numero più alto di stranieri che studiano negli Stati Uniti arriva dalla Cina, e abbiamo constatato
che lo studio del cinese da parte dei nostri studenti è aumentato del 50 per cento. Ci sono circa
duecento “città gemellate” tra Stati Uniti e Cina. Gli scienziati americani e cinesi collaborano alle
nuove ricerche e scoperte. E naturalmente Yao Ming incarna il nostro comune amore oer il
basket…mi dispiace soltanto che durante questa mia visita mi sarà impossibile seguire una partita
degli Shanghai Shark.
Non è un caso se i rapporti tra i nostri Paesi coincidono con un periodo di cambiamento positivo. La
Cina è riuscita a far uscire dalla miseria assoluta centinaia di milioni di suoi cittadini – un risultato
che non ha pari nella storia umana – pur continuando ad avere un ruolo di primo piano sullo
scenario internazionale. Nello stesso periodo gli Stati Uniti hanno assistito a una crescita
economica notevole, che ha consentito al nostro popolo di migliorare i propri standard di vita, e
porre fine con successo alla Guerra Fredda.
Un proverbio cinese dice: “Analizza il tuo passato e conoscerai il tuo futuro”. Certo, nel corso degli
ultimi trent'anni abbiamo vissuto battute d'arresto e sfide di vario tipo, i nostri rapporti non sono
stati esenti da divergenze e perfino ostilità, ma non è scritto da nessuna parte che dobbiamo essere
nemici. Non è così, se consideriamo il passato. In realtà, proprio per la nostra collaborazione, oggi
sia gli Stati Uniti sia la Cina sono più prosperi e più sicuri. Abbiamo constatato che cosa è possibile
ottenere quando a partire dai nostri reciproci interessi, impegnandoci sulla base del reciproco
rispetto, ci diamo da fare.
Eppure il successo dell'impegno dipende dalla comprensione, dal saper sostenere un dialogo aperto,
dall'imparare di più l'uno dall'altro. Di fatto, proprio come quel giocatore di ping pong disse in
passato, come esseri umani abbiamo molto in comune, ma i nostri Paesi sono per certi aspetti molto
diversi.
Io credo che ciascun Paese debba delineare la propria rotta. La Cina è una nazione antica, con una
cultura profondamente radicata. Al suo confronto gli Stati Uniti sono una nazione molto giovane, la
cui cultura è influenzata da molteplici immigrati di origine diversa approdati ai nostri lidi, e dai
documenti fondanti che ispirano la nostra democrazia. La nostra Costituzione prospetta una visione
semplice dei rapporti umani, e custodisce numerosi principi e valori di fondo: che tutti gli uomini e
le donne sono creati uguali e possiedono determinati diritti fondamentali; che il governo dovrebbe
riflettere la volontà popolare e dare una risposta ai suoi desideri e alle sue necessità; che i commerci
dovrebbero essere aperti, l'informazione liberamente accessibile, e che le leggi – e non soltanto gli
uomini - dovrebbero essere garanti dell'amministrazione della giustizia.
Naturalmente, la storia della nostra nazione non è stata esente da qualche capitolo difficile. Per
molti versi, nel corso di molti anni, abbiamo lottato per poter far progredire la promessa di questi
principi per tutto il nostro popolo, e plasmare così un'unione perfetta. Abbiamo combattuto una
dolorosissima guerra civile, e affrancato dalla schiavitù una parte del nostro popolo. È occorso
tempo prima che anche alle donne fosse esteso il diritto di voto, che i lavoratori conquistassero il
diritto di organizzarsi, che gli immigrati di regioni diverse del pianeta si sentissero accolti e
integrati. E anche dopo essere stati liberati, gli afroamericani continuarono a vivere in condizioni di
segregazione dal resto della popolazione, senza essere considerati sullo stesso piano, finché non
riuscirono a ottenere pieni e uguali diritti.
Niente di quanto ho elencato è stato facile da ottenere. Siamo riusciti però a fare progressi perché
credevamo profondamente in quei principi di base, che ci sono serviti da bussola per orientarci nelle
tempeste più terribili. Questo spiega perché Martin Luther King poté un giorno salire i gradini del
Lincoln Memorial e chiedere che la nostra nazione vivesse concretamente ciò che si era impegnata
a realizzare. Questo spiega perché gli immigrati dalla Cina in Kenya sono riusciti a ottenere asilo
nella nostra patria; perché nel nostro Paese le opportunità siano a disposizione di chiunque sia
disposto a lavorare per ottenerle, e perché uno come me, che meno di 50 anni fa avrebbe avuto
difficoltà a votare in alcune regioni americane, oggi è in grado di servire il suo Paese come
presidente. Questo spiega perché l'America parlerà e diffonderà sempre questi principi di base in
tutto il mondo.
Noi non cerchiamo di imporre alcun sistema di governo a nessuna nazione, ma al contempo non
crediamo che i principi costitutivi della nostra nazione siano esclusivi della nostra nazione. Noi
crediamo che la libertà di espressione, la libertà di religione, come pure la libertà di accesso
all'informazione e alla partecipazione politica siano diritti universali, di cui dovrebbero usufruire
tutti i popoli della Terra, comprese le minoranze etniche e religiose, che si trovino negli Stati Uniti,
in Cina o in qualsiasi altra nazione. In realtà è proprio questo rispetto per i diritti universali a
ispirare l'America nella sua apertura verso gli altri Paesi; il nostro rispetto per le culture diverse; il
nostro impegno nei confronti della legalità internazionale; e la nostra fede nel futuro.
Queste cose dovreste conoscere dell'America. So che anche noi abbiamo moltissimo da imparare
sulla Cina. Osservando questa splendida città, guardandomi attorno in questa stessa sala, credo che
le nostre nazioni abbiano qualcosa di molto importante in comune: crediamo nel futuro. Né gli Stati
Uniti né la Cina sono soddisfatti di ciò che hanno raggiunto. Se la Cina è una nazione antica, è per
altro evidente che essa guarda anche in modo lungimirante al futuro, con fiducia, ambizione,
impegno, per far sì che le generazioni del domani vivano meglio di quelle odierne.
Oltre alla vostra economia in pieno sviluppo, della Cina noi ammiriamo lo straordinario impegno
nella scienza e nella ricerca, un impegno avvalorato da ogni cosa possibile e immaginabile, dalle
infrastrutture che costruite alle tecnologie che utilizzate. Oggi la Cina è il Paese con il maggior
numero al mondo di utenti Internet, ed è per questo motivo che sono molto lieto che tramite
Internet sia possibile prendere parte a questo evento. La Cina ha la più ampia rete di telefonia
mobile al mondo e sta investendo in nuove forme di energia che possono sostenere la crescita e al
contempo combattere il cambiamento del clima, e a tale proposito sono impaziente domani di poter
approfondire la partnership tra Stati Uniti e Cina in questi settori di interesse cruciale. Ma più di
ogni altra cosa, in voi vedo il futuro della Cina, voi giovani i cui talenti, il cui impegno, i cui sogni
faranno così tanto per delineare il XXI secolo!
Ho detto in molte occasioni che il nostro mondo ormai è profondamente interconnesso. I posti di
lavoro che creiamo, l'ambiente che proteggiamo, la sicurezza alla quale aspiriamo, sono tutte cose
che condividiamo. Tenuto conto di questa interconnessione, il potere nel XXI secolo non è più una
partita a somma zero. Il successo di un Paese non deve andare mai a pregiudizio di quello di un
altro. Noi non cerchiamo di contenere l'ascesa della Cina, ma al contrario le diamo il benvenuto
come membro forte, prospero e di successo della comunità delle nazioni. Una Cina che sa attingere
il proprio potere dai diritti, dalla forza e dalla creatività dei cinesi singolarmente presi, cinesi come
voi.
Ma ritorniamo al proverbio: teniamo conto del passato. Noi sappiamo che rispetto a quando entrano
in collisione, c'è molto di che guadagnare allorché le grandi potenze collaborano. Questa è una
lezione che gli esseri umani hanno appreso infinite volte, e questo è l'esempio della storia tra le
nostre nazioni. Io credo fermamente che la cooperazione debba andare oltre i nostri governi, debba
arrivare e radicarsi nella nostra gente, negli studi che condividiamo, nelle iniziative imprenditoriali
che variamo, e perfino nello sport che pratichiamo. Tutti questi ponti devono essere costruiti da
giovani donne e giovani uomini, proprio come voi e come i vostri equivalenti in America.
È proprio in quest'ottica che sono lieto di annunciare che gli Stati Uniti aumenteranno
considerevolmente il numero degli studenti ammessi a studiare in Cina, che diverranno centomila.
Questi scambi hanno anche lo scopo di instaurare legami molto forti tra i nostri popoli, considerato
che voi contribuirete a determinare le sorti del XXI secolo. Sono assolutamente fiducioso che
l'America non ha migliori ambasciatori da offrirvi dei suoi giovani, in quanto loro, proprio come
voi, sono pieni di talento, di energia e di ottimismo sulla storia che deve ancora essere scritta.
Facciamo sì, dunque, che questo diventi il prossimo passo avanti nell'approfondimento della
collaborazione che sarà al servizio delle nostre nazioni e del mondo. Se c'è qualcosa che possiamo
dedurre dal dialogo odierno, spero che sia il reciproco impegno a continuare e a portare avanti
questo dialogo.
Vi ringrazio molto e se avete domande da farmi, sarò lieto di rispondere.
Allora, vediamo se funziona. Negli Stati Uniti c'è una tradizione molto comune nelle riunioni
municipali: chi vuole fare una domanda alzerà una mano e io vi chiamerò. Alterneremo le domande
del pubblico con quelle di Internet lette dagli studenti che le hanno selezionate. E penso che
l'Ambasciatore Huntsman avrà anche alcune domande postate sul sito Web della nostra ambasciata.
Faremo così: chiederò alternativamente a ragazzi e ragazze e Internet e così via di pormi una
domanda, così saremo sicuri di agire correttamente. D'accordo? Bene, iniziamo da quella signorina
lì davanti…aspetti, aspettiamo un microfono, così che tutti possano sentire la sua domanda. Come si
chiama?»
"Mi chiamo (…..) e sono una studentessa dell'Università Fudan. Shanghai e Chicago sono gemellate
dal 1985 e insieme hanno intrattenuto molti scambi economici, politici e culturali. Quali misure
prenderà per migliorare le relazioni tra le città degli Stati Uniti e la Cina? L'anno prossimo a
Shanghai si svolgerà l'Expo Mondiale: pensa di parteciparvi con la sua famiglia?»
"La ringrazio. Proprio prima di venire qui ho pranzato con il sindaco di Shanghai che mi ha parlato
delle ottime relazioni esistenti con la città di Chicago, la mia città, che egli ha visitato in due
occasioni. Penso sia molto positivo e interessante che esistano questi gemellaggi tra le città. Ne ho
discusso con il sindaco di Shanghai, cercando di chiarire in che modo ciascuna delle due città possa
apprendere dall'altra le strategie migliori per utilizzare l'energia pulita, perché una delle tematiche
che legano Cina e America è come fare – con una popolazione in costante espansione e con i nostri
timori per il cambiamento del clima – a ridurre la nostra impronta di anidride carbonica.
Naturalmente negli Stati Uniti e in molti Paesi in via di sviluppo, ogni persona ha un consumo
energetico procapite molto superiore a quello di ogni persona qui in Cina. Ma a mano a mano che la
Cina si espande e progredisce utilizzerà anch'essa più energia. I nostri Paesi pertanto hanno un
comune interesse nel trovare nuove strategie adeguate.
Abbiamo parlato di mezzi di trasporto di massa e delle eccellenti linee dei trasporti che sono state
messe a punto a Shanghai. Chicago e gli Stati Uniti in genere hanno molto da apprendere
dall'eccellente lavoro che è stato fatto a Shanghai con i treni ad alta velocità. Negli Stati Uniti
stiamo imparando a costruire edifici in grado di utilizzare meno energia. E so che qui a Shanghai,
che ho visitato notando molte gru ovunque e molti edifici in corso di costruzione, è molto
importante iniziare a utilizzare queste nuove tecnologie, così che ogni edificio realizzato possa
essere efficiente dal punto di vista energetico, in termini di illuminazione e di riscaldamento.
Insomma, si tratta di un'occasione meravigliosa per scambiarci esperienze e idee. So che l'energia
pulita sarà uno dei temi più importanti dell'Expo di Shanghai. Vorrei proprio visitarla, ma non sono
sicuro di quali impegni avrò. Sono in ogni caso lieto che all'Expo sarà presente un bel padiglione
degli Stati Uniti. Mi sembra di capire che prevedete la presenza di circa 70 milioni di visitatori. Di
sicuro sarà molto affollata e un evento entusiasmante. A Chicago ci sono state due Expo ed
entrambe si sono rivelate occasioni eccezionali di incremento e di progresso sensazionale per la
città. Quindi sono sicuro che altrettanto accadrà qui a Shanghai. Grazie. [Applausi]
Perché non sentiamo una delle domande di Internet? Nel caso si presenti…»
"Signor Presidente, le rivolgo una domanda arrivata tramite Internet, da un utente che la ringrazia
innanzitutto di aver fatto visita alla Cina nel primo anno del suo mandato e poi le chiede che cosa
porta alla Cina e che cosa si aspetta di riportarne negli Stati Uniti? » [Applausi]
"Obiettivo principale della mia visita è approfondire le mie conoscenze sulla Cina e sul futuro che
essa pensa di avere. Ho avuto parecchi incontri ormai con il presidente Hu. Abbiamo preso parte
insieme al G-20, ci consultiamo spesso su una vasta gamma di argomenti. È molto importante in
ogni caso che gli Stati Uniti continuino ad approfondire le loro conoscenze sulla Cina e viceversa.
Per quanto riguarda ciò che intendo ricavare da questa mia visita, oltre ad avere l'opportunità
meravigliosa di visitare la Città Proibita e la Grande Muraglia, e di incontrare tutti voi – questi sono
tutti elementi estremamente positivi – nei colloqui che intendo avere con il Presidente Hu e di cui
ha parlato prima l'Ambasciatore Huntsman vorrei fosse chiaro che esistono ben poche sfide globali
in grado di essere risolte se Stati Uniti e Cina non sono d'accordo. Le vorrei fare un esempio
concreto, quello del cambiamento del clima. Gli Stati Uniti e la Cina sono le nazioni che producono
la più grande quantità al mondo di gas serra e di anidride carbonica, prime cause del riscaldamento
del pianeta. Gli Stati Uniti, che sono un Paese molto sviluppato, hanno un consumo procapite di
energia e un livello procapite di emissioni di gas serra decisamente superiore a quello della Cina.
Del resto, però, la Cina sta crescendo a un ritmo notevolmente più veloce e ha una popolazione
molto più numerosa. Pertanto, se entrambi i nostri Paesi non saranno disposti a prendere le
iniziative necessarie a risolvere questo problema, noi tutti non saremo in grado di farlo. A dicembre
è prevista la Conferenza di Copenhagen, alla quale prenderanno parte tutti i leader del mondo per
cercare di trovare la soluzione giusta, così da poter prendere tutti gli impegni necessari a rispettare
il nostro progetto di ridurre le emissioni di gas serra. Ecco, questo è un esempio di quello che
auspico di ottenere con questa mia visita: un incontro ponderato tra me e il presidente Hu su come
gli Stati Uniti e la Cina possono dar prova di leadership. Perché – ve lo dico francamente – gli altri
Paesi del mondo stanno aspettando proprio noi. Osserveranno quello che noi intendiamo fare. E se
dovessero dire: “Ah, sì, gli Stati Uniti e la Cina non fanno sul serio, quindi neanche noi lo faremo”?
Questo è il fardello che si deve accollare chi è leader e di cui i nostri Paesi possono farsi carico
insieme. La mia speranza è che quanto più riusciremo a dialogare, tanto più daremo prova di questa
leadership a livello internazionale e in relazione a molte questioni cruciali. D'accordo? [Applausi].
"Bene, penso sia arrivato il turno di un giovanotto. Vero? Ecco, lei, lì in fondo».
"Buon pomeriggio signor presidente. Sono uno studente dell'Università Tonji. Vorrei citarle un
detto di Confucio: “É sempre un bene avere un amico che arriva da molto lontano”. Nei libri di
Confucio si legge anche che l'armonia è un bene, ma è un bene anche mantenere le proprie
differenze. La Cina vuole un mondo armonioso. Noi sappiamo che gli Stati Uniti hanno una cultura
nella quale la diversità è rispettata ed è una sua caratteristica peculiare. La mia domanda è la
seguente: che cosa intende fare il suo governo per rispettare le culture diverse e le storie degli altri
Paesi? Quale genere di cooperazione potremo avere in futuro?».
""È una bella domanda. Uno dei punti di forza degli Stati Uniti è che siamo una cultura molto
diversificata. Non esiste una definizione unica per indicare la specificità di un americano. Per
quanto mi riguarda, ho un padre originario del Kenya, una madre del Kansas, una sorella al
cinquanta per cento indonesiana, sposata a un cinese del Canada. Quindi una semplice riunione
della famiglia Obama già assomiglia, in piccolo, alle Nazioni Unite. [Risate] Questo è un enorme
punto di forza per gli Stati Uniti. È anche vero che ogni Paese in questo mondo così strettamente
interconnesso ha la sua propria cultura, la sua propria storia, le sue proprie tradizioni. È molto
importante per gli Stati Uniti non presumere che ciò che è buono per noi lo sia automaticamente per
chiunque altro. Dobbiamo dar prova di maggiore umiltà nei nostri atteggiamenti riguardo agli altri
Paesi.
Devo anche aggiungere, tuttavia, che noi crediamo che esistano alcuni principi fondamentali
comuni a tutti i popoli, a prescindere dalla cultura alla quale appartengono. Così, per esempio, alle
Nazioni Unite siamo molto attivi nel cercare di far sì che i bambini di tutto il mondo godano di
determinati diritti, che non siano sfruttati, che non siano costretti ai lavori forzati, anche se in
passato in molti Paesi ciò può essere accaduto, Stati Uniti compresi. Ma oggi tutti i Paesi del mondo
si sono sviluppati al punto tale da poter trattare i bambini meglio di come si è fatto in passato.
Questo è un valore universale.
Per esempio, per ciò che concerne il modo col quale sono trattate le donne esiste un unico modo
giusto. Il sindaco di Shanghai mi ha informato che qui in Cina ormai vi sono più donne iscritte
all'università che uomini e che sono molte le donne che hanno eccellenti risultati. Penso che questo
sia un indice eccellente di progresso, perché se si vuole prendere il considerazione lo sviluppo nel
mondo un buon indice al quale guardare e da tenere presente è il livello di istruzione femminile,
insieme al modo con il quale si trattano le donne. I Paesi che coltivano i talenti femminili, che
permettono alle donne di far uso delle loro risorse ed energie dando loro un'istruzione, di norma dal
punto di vista economico stanno molto meglio dei Paesi che invece proibiscono loro di studiare.
Naturalmente, in culture diverse vi possono essere comportamenti diversi in relazione al rapporto
tra uomini e donne, ma penso che dal punto di vista degli Stati Uniti è importante affermare e
sostenere i diritti delle donne in tutto il mondo. Se vedremo che in alcune società le donne sono
oppresse o non hanno accesso ad alcune opportunità, ci faremo sentire. Ci potrà essere chi è in
disaccordo con noi, e noi saremo disposti a riparlarne. Ma pensiamo che sia nondimeno
estremamente importante mantenere fede ai nostri ideali e ai nostri valori. Quando lo facciamo,
tuttavia, dovremo ricordarci di farlo con umiltà, con comprensione, tenendo bene a mente che non
siamo perfetti e che abbiamo ancora molti progressi da fare e non possiamo affermare di aver risolto
tutti questi problemi. Se rivolgete domande in proposito a molte donne americane, vi diranno che ci
sono ancora troppi uomini negli Stati Uniti che hanno idee superate sul ruolo delle donne in società.
Quindi pur non potendo affermare di aver risolto una volta per tutte questi problemi, pensiamo che
sia importante per noi parlare in difesa di questi ideali e di questi valori universali.
Direi che ora sarebbe il turno di un'altra domanda da Internet.
"Signor presidente, è un grande onore poterla conoscere di persona».
"La ringrazio».
"Signor presidente, sono di Taiwan e lavoro sul continente. Grazie alle migliori relazioni che si
sono instaurate tra Cina e Taiwan, la mia attività va abbastanza bene. Però quando sento dire che in
America c'è chi vorrebbe continuare a vendere armi e armamenti a Taiwan mi preoccupo. Temo che
ne possano soffrire i nostri rapporti interni. Mi piacerebbe quindi sapere da lei se è favorevole ai
rapporti tra Taiwan e Cina? Glielo chiede un imprenditore, ma di fatto è un argomento che sta molto
a cuore a tutti i giovani studenti cinesi». [Applausi]
"Credo di essere stato molto chiaro in passato affermando che la mia Amministrazione è favorevole
a una Cina unita, come si ribadisce del resto in tre comunicati congiunti che risalgono nel tempo a
vari decenni fa, in termini di nostre relazioni con Taiwan come pure di nostre relazioni con la
Repubblica Popolare Cinese. Noi non vogliamo in alcun modo modificare questa politica e questo
approccio.
Sono molto lieto per l'allentamento delle tensioni e il miglioramento dei rapporti dello Stretto di
Taiwan ed è mio desiderio, nonché auspicio, che continueremo a vedere ancor più miglioramenti
nelle relazioni tra Taiwan e la Repubblica Popolare con l'obiettivo di risolvere molte questioni in
sospeso.
Una delle cose che gli Stati Uniti cercano di perseguire, in termini di politica estera e - nello
specifico - di relazioni con la Cina è la possibilità di risolvere i problemi con il dialogo e i negoziati.
Questo è il modo giusto di operare. Io penso che i rapporti economici e commerciali che stanno
migliorando in questa regione contribuiscano a ridurre molto le tensioni nate prima ancora che lei
venisse al mondo o forse addirittura prima che io nascessi. Ebbene, ci sono alcune persone che
rivolgono sempre lo sguardo al passato in relazione a questioni come questa, invece di rivolgere lo
sguardo al futuro. Io preferisco guardare avanti. E come ho detto, quando le persone pensano di
poter fare affari insieme, quando pensano di aver da guadagnare entrambi, credo che non si
preoccupino troppo dell'ideologia. In questa regione sta accadendo proprio questo e noi siamo lì,
pronti ad appoggiare e aiutare questo processo.
Ora penso che sia di nuovo il turno di una ragazza. Ecco, lei!».
"La ringrazio signor presidente. Sono una studentessa dell'Università Jiao Tong di Shanghai e vorrei
rivolgerle una domanda riguardante il Premio Nobel per la Pace. Dal suo punto di vista qual è la
ragione principale per la quale è stato insignito di questo premio? Le ha conferito maggiori
responsabilità e pressioni per promuovere la pace nel mondo? Influenzerà le sue idee quando si
dovrà occupare di questioni internazionali?».
" Eccellente domanda. Devo ammettere che nessuno più di me è rimasto sorpreso alla notizia che
avevo ricevuto il Premio Nobel per la Pace. Naturalmente si tratta di un onore immenso. Non credo
che si tratti necessariamente di un onore che merito, considerata la storia straordinaria delle persone
che lo hanno ricevuto prima di me. Tutto quello che posso dire, con grande umiltà, è che accetto il
fatto che il comitato del Nobel sia stato ispirato dal popolo americano e dalla possibilità di cambiare
non soltanto l'America, ma anche il modo col quale l'America tratta con il resto del mondo. Quindi,
per certi aspetti, penso di essere diventato più un simbolo del cambiamento del nostro nuovo
approccio alle questioni internazionali che stiamo cercando di promuovere.
Per quanto riguarda l'onere che sento, sono molto onorato di trovarmi a essere presidente. Mia
moglie me lo ricorda sempre, quando mi lamento di lavorare troppo! [Risate] Mi ricorda che sono
stato io a farmi avanti per questo incarico. Non so voi, ma da noi si usa dire: “Hai voluto la
bicicletta? Ora pedala!”. In sostanza questo modo di dire significa che bisogna sempre essere molto
attenti a quello che si chiede, perché talvolta lo si ottiene!
Tutti noi abbiamo l'obbligo di promuovere la pace nel mondo. Non sempre è facile farlo. Se si
guarda al Medio Oriente, ci sono guerre e conflitti che affondano le radici in questioni irrisolte
anche da oltre mille anni. In molte regioni del pianeta – diciamolo pure, in Africa soprattutto – ci
sono conflitti etnici e tribali molto difficili da ricomporre. Adesso parte del mio lavoro consiste
nell'essere Comandante in capo, e la mia priorità assoluta è la difesa del popolo americano. A causa
degli attentati dell'11 settembre e del terrorismo che c'è nel mondo, è mio preciso dovere garantire
che sradicheremo le organizzazioni terroriste.
Nondimeno, per quanto io non pensi che sarà mai possibile eliminare completamente la violenza tra
le nazioni o i popoli, di sicuro penso che possiamo ridurre la violenza tra i popoli tramite il dialogo,
tramite un continuo scambio di idee, tramite una migliore comprensione tra popoli e tra le culture. E
in particolare in questo periodo in cui una sola persona può far esplodere una bomba in grado di
provocare così tanta devastazione, è importante come non mai perseguire queste strategie per la
pace. La tecnologia è uno strumento meraviglioso se adoperata per buoni fini, ma purtroppo ha
offerto la possibilità di provocare danni immensi con poco. Ed è per questo che nutro la viva
speranza di poter dialogare con il presidente Hu con regolarità, così che Stati Uniti e Cina possano
collaborare per mettere a punto normative internazionali che riducano quanto più possibile i
conflitti nel mondo.
Dobbiamo farlo, in ogni caso, anche tenendo bene a mente che quando dispieghiamo i nostri
eserciti, perché siamo Paesi forti e grandi, dobbiamo riflettere molto attentamente su quello che
facciamo. Dobbiamo esaminare le ragioni che ci spingono a farlo, e gli interessi che ci muovono,
per assicurarci di non ricorrere alla forza militare soltanto perché nessuno è in grado di fermarci.
Questo è un onere che i grandi Paesi, le grandi potenze, hanno: agire responsabilmente nella
comunità delle nazioni. Per questo auspico che Stati Uniti e Cina insieme possano dar vita a
legislazioni internazionali che moderino i conflitti nel mondo.
Bene, ecco, ora vorrei chiedere al mio ambasciatore se ha una domanda che è arrivata sul sito della
nostra ambasciata. Credo che sia stata selezionata da uno dei nostri addetti stampa…
AMBASCIATORE HUNTSMAN: "Esattamente. E la domanda non stupisce: “Signor presidente, in
un Paese che conta 350 milioni di utenti di Internet e 60 milioni di blogger sa che ci sono i firewall?
E poi, secondo lei dovremmo poter usare liberamente Twitter? ».
"Prima di tutto vorrei dirvi che non ho mai utilizzato Twitter. Ho notato che i giovani sono sempre
molto impegnati con questi apparecchi elettronici. I miei pollici sono troppo goffi per scrivere in
questo modo con il telefonino! Credo molto però nella tecnologia, e nell'apertura, quando si parla di
flusso di informazioni. Quanto più liberamente circola l'informazione, tanto più la società si
irrobustisce, perché gli abitanti dei Paesi di tutto il mondo possono far sì che i loro governi siano
chiamati a rispondere delle loro azioni. Possono iniziare a pensare con la loro testa e questo genera
nuove idee, incoraggia la creatività.
Pertanto, sono sempre stato uno strenuo sostenitore di Internet e dell'assoluta mancanza di censura.
Questo rientra nelle tradizioni degli Stati Uniti e riconosco che Paesi diversi hanno tradizioni
diverse. Posso dirvi che negli Stati Uniti il fatto di avere Internet gratuitamente, o quanto meno
accesso incondizionato a Internet, è fonte di grande forza. E credo che ciò debba essere
incoraggiato.
In quanto presidente degli Stati Uniti, devo essere onesto e dirvi anche che ci sono occasioni nelle
quali vorrei che l'informazione di fatto non circolasse così tanto liberamente, perché almeno non
sarei tenuto a dare ascolto a chi mi critica incessantemente. La verità è che poiché negli Stati Uniti
vige la libertà di informazione, e vi sono moltissime persone che mi criticano e che sono libere di
dirmi qualsiasi cosa pensino di me, di fatto credo che questo renda più forte la nostra democrazia e
faccia di me un leader migliore, perché mi costringe a dar retta alle opinioni altrui, anche a quelle
che non vorrei sentire. Mi costringe a fare un esame di coscienza su base quotidiana, per controllare
se ho fatto davvero del mio meglio e tutto quello che potevo fare per la popolazione degli Stati
Uniti. Internet è diventato uno strumento quanto mai potente e utile per questo genere di
partecipazione dei cittadini alla politica. Una delle ragioni per le quali ho conquistato la presidenza,
in effetti, è che siamo stati in grado di mobilitare molti giovani come voi proprio coinvolgendoli
con Internet. In un primo tempo nessuno pensava che avessi la possibilità di vincere, perché ero
privo di ricchi sostenitori e non avevo i mediatori politici più potenti. Ma tramite Internet la gente
poco alla volta si è entusiasmata alla mia campagna, ha iniziato a organizzarsi, incontrarsi,
preparare attività varie, eventi, comizi, e alla fine si è creato quel tipo di movimento dal basso che ci
ha consentito di ottenere un risultato di grande successo.
Tutto ciò non vale soltanto per la politica: vale anche per il mondo degli affari. Basti pensare che
un'azienda come Google soltanto venti anni fa non era nulla più che un'idea nata nella testa di una
coppia di giovani non molto più vecchi di voi. Era un semplice progetto scientifico. Poi, grazie a
Internet, quei due giovani sono riusciti a creare un'azienda che ha rivoluzionato il commercio in
tutto il mondo. Se non fosse stato per la libertà e l'apertura che Internet consente, Google non
esisterebbe nemmeno. Insomma, sono un grande sostenitore dell'uso di Internet senza censure,
dell'accesso icondizionato a Internet e di altre tecnologie elettroniche quali Twitter. Quanto più
siamo aperti, tanto più possiamo comunicare. E oltretutto così facendo i popoli della Terra possono
unirsi sempre più.
Quando penso che le mie due figlie – Malia di 11 anni e Sasha di 8 – dalle loro camere possono
collegarsi a Internet e viaggiare fino a Shanghai! Possono andare in qualsiasi posto al mondo e
imparare tutto quello che vogliono imparare. Il loro è un potere enorme. E io credo che questo aiuti
a promuovere quel genere di comprensione reciproca di cui parlavo prima.
Naturalmente vi è sempre un risvolto negativo, come in ogni cosa, anche per le tecnologie. I
terroristi sono in grado di complottare e organizzarsi su Internet come non avrebbero potuto fare
prima. Gli estremisti riescono a mobilitarsi meglio. C'è sempre un prezzo da pagare per un'apertura,
questo è innegabile. Ma una cosa è altrettanto sicura: i vantaggi di un'apertura superano sempre gli
svantaggi, al punto tale che è sempre meglio mantenere questa apertura. E questo spiega anche per
quale motivo sono lieto che oggi Internet abbia una sua parte. Bene, accetterò ancora due domande.
La prossima spetta a un ragazzo. Lei, lì, con il microfono, prego».
"Prima di tutto vorrei dirle che per me è un grande onore essere qui e poterle rivolgere una parola.
In più credo di essere molto fortunato perché ho molto apprezzato quello che lei ha detto. Lei parla
così chiaramente che a me non servono queste cuffie [risate]. Ecco la mia domanda: mi chiamo […]
e frequento la Fudan University School of Management. Qualcuno le ha già chiesto prima
informazioni sul Premio Nobel che ha ricevuto. Io vorrei chiederle qualcosa di diverso in merito:
poiché è così difficile ottenere un simile riconoscimento, mi chiedo, come tutti si chiedono, quanto
deve aver lottato per ottenerlo. Che cosa c'è nel suo passato universitario, nella sua istruzione e
preparazione che l'ha condotta a essere insignito di un simile premio? Siamo tutti molto curiosi in
proposito e saremmo lieti di conoscere alcuni dettagli sulle sue esperienze ai tempi dell'università,
quelle che le hanno consentito di imboccare la strada del successo».
"Innanzitutto devo premettere che non so se esista un corso di studi che assicuri di essere insigniti
del Premio Nobel per la Pace [Risate]. Questo posso garantirglielo! Detto ciò credo in ogni caso che
la strada giusta sia quella che voi state già seguendo: naturalmente tutti voi studiate tanto e vi
impegnate molto. Siete pieni di curiosità e sete di sapere. Siete disposti a riflettere sulle nuove idee
e a pensare con la vostra testa. Bene: le persone che incontro e che reputo essere ispiranti, di
successo, sono quelle che non soltanto sono disposte a lavorare sodo, ma che cercano anche di
migliorarsi costantemente, di approfondire le cose, di pensare con nuovi schemi e non limitarsi a
ragionare come si è sempre ragionato.
Naturalmente, le strade per il successo sono molteplici e quanto mai varie: alcuni di voi andranno a
svolgere mansioni di governo, alcuni di voi aspireranno all'insegnamento e diventeranno
professori, altri ancora punteranno a diventare imprenditori. Ma a prescindere da quale settore e
strada imboccherete, se cercherete costantemente di migliorare voi stessi, senza mai accontentarvi
di aver fatto qualcosa in meno del vostro meglio, se continuerete a porvi sempre nuove domande –
per esempio “Questo potrei farlo in modo diverso? Ci sono approcci o problemi ai quali nessuno ha
pensato di dare una risposta adeguata? Che si tratti di tecnologia o di arte?” – allora sarete sulla
strada giusta e fra quanti hanno maggiori probabilità di elevarsi rispetto agli altri.


L'ultimo consiglio che posso darvi, comunque, e che credo sia stato utile nel mio caso, è che le
persone che ammiro maggiormente e che hanno avuto maggiore successo non pensano soltanto a sé,
ma pensano a qualcosa di più grande di loro. Vogliono dare un contributo alla società. Vogliono
dare il loro contributo al loro Paese, alla loro nazione, alla loro città. Hanno un interesse precipuo
ad avere un'influenza al di là delle loro vite.
Credo che molti di noi restino intrappolati nel desiderio di accumulare ricchezze per noi stessi, di
avere una bella casa, una bella automobile…e così via. Queste sono cose importanti, sì, ma le
persone destinate a lasciare davvero un segno nel mondo hanno ambizioni più alte. Si chiedono, per
esempio, in che modo sfamare gli affamati. Oppure come aiutare i bambini che non riescono ad
avere un'istruzione. O ancora, come risolvere pacificamente un conflitto. Ecco, io credo che queste
siano le persone veramente in grado di fare la differenza nel mondo. E sono sicuro che i giovani
come voi saranno in grado di fare quella differenza, se continuerete a lavorare e studiare come state
facendo.
Bene, è rimasto il tempo per una sola, unica domanda, purtroppo. Il tempo è volato…Direi che
l'ultima domanda debba essere scelta tra quelle arrivate tramite Internet, così che tutti hanno avuto
la loro occasione».
"Signor presidente, è un grande onore poterle rivolgere questa ultima domanda. Sono uno studente
della Fudan University e rappresento la Gioventù Cinese. Questa ultima domanda è stata spedita da
Pechino: Ho prestato molta attenzione alla sua politica in Afghanistan e mi piacerebbe sapere da lei
se i terroristi sono ancora la preoccupazione principale per la sicurezza negli Stati Uniti. Come
valuta l'intervento militare in Afghanistan? Secondo lei l'Afghanistan diventerà un secondo Iraq?»
"Prima di tutto, io continuo a credere che la più grande minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti
siano i network terroristici come al Qaeda. Anche se i terroristi sono pochi, hanno dimostrato di
essere irresponsabili e incoscienti quando si tratta di ammazzare dei civili innocenti. Grazie alle
tecnologie odierne, se un'organizzazione come quella riuscisse a mettere le mani su armi di
distruzione di massa – un'arma nucleare, chimica o biologica – potrebbe utilizzarla in una città, a
Shanghai come a New York, e un gruppuscolo di pochi individui potrebbe teoricamente sterminare
decine, forse centinaia di migliaia di persone. Quindi sì, io credo che i terroristi siano un pericolo
enorme per la nostra sicurezza.
La ragione per la quale all'inizio siamo partiti per l'Afghanistan era perché al Qaeda si trovava lì,
godeva della protezione dei taleban. Adesso però gli alqaedisti si sono spostati, hanno valicato la
frontiera e si trovano in Pakistan, anche se continuano ad avere contatti con altre organizzazioni
terroristiche in quella regione. È importante riuscire a stabilizzare l'Afghanistan, così che gli afgani
possano proteggersi da soli, ma possano anche diventare partner nella lotta contro queste reti
terroristiche. La cosa più difficile in assoluto, una delle cose più ardue di cui si deve fare carico chi
occupa la mia poltrona è ordinare a giovani uomini e giovani donne di partire per il campo di
battaglia. Spesso devo incontrare le madri e i padri dei caduti, di coloro che non torneranno più a
casa. E questo mi addolora enormemente.
Per fortuna le nostre forze armate – i giovani uomini e le giovani donne che ne fanno parte –
credono così intensamente nel servizio che rendono al loro Paese che sono tutti volontari e sono
tutti disposti a partire. Io credo che collaborando con una vasta coalizione, con i nostri alleati della
Nato e altri Paesi quali l'Australia, potremo riuscire ad addestrare gli afgani, così che abbiano un
governo in grado di funzionare, loro forze di sicurezza, così da poter iniziare poco alla volta a
ritirare i nostri soldati, perché non c'è più quel vuoto che si era creato dopo che i taleban se ne erano
andati.
In ogni caso, si tratta di una missione estremamente difficile. Cercando di sconfiggere questi
terroristi estremisti, è importante capire che non ci riusciremo soltanto militarmente. Dobbiamo
anche riflettere sul perché e che cosa spinga i giovani a diventare terroristi o attentatori suicidi.
Quantunque ci siano ovviamente molteplici motivazioni, compreso il fatto – credo - di aver distorto
la loro religione pensando che in qualche modo queste azioni di violenza estrema siano opportune e
giustificabili, parte di quanto è accaduto in Paesi come il Pakistan e l'Afghanistan dipende dal fatto
che quei giovani sono privi di un'istruzione, non hanno opportunità e non vedono via di uscita per
migliorare la loro vita. Questo li induce a credere che il terrorismo sia l'unica opzione a loro
disposizione. Di conseguenza, in Afghanistan dobbiamo trovare il modo di formare gli insegnanti,
di creare scuole, di migliorare l'agricoltura, così che gli afgani abbiamo maggiori speranze. Questo
non servirà, naturalmente, a far cambiare idea a Osama bin Laden, che ideologicamente è fissato
con l'idea di colpire l'Occidente, ma servirà enormemente a cambiare la massa dei giovani alla quale
egli attinge. E questo è altrettanto importante, o addirittura ancora più importante nel corso del
tempo, delle azioni militari alle quali possiamo dare il via.
Bene, abbiamo avuto un colloquio molto interessante e voglio ringraziare tutti voi. Permettetemi di
congratularmi con voi per il vostro inglese eccellente. Sì, è evidente che studiate sodo. Avervi
incontrato è stato per me un bene, perché mi ha infuso grande speranza per il futuro delle relazioni
tra Stati Uniti e Cina.
Spero che molti di voi possano avere l'opportunità a vostra volta di venire a visitare gli Stati Uniti.
Sarete i benvenuti. Penso che scoprirete che il popolo americano è molto accogliente nei confronti
del popolo cinese. E sono fiducioso che con giovani come voi, con giovani come quelli che so
esistere in America, i nostri due grandi Paesi continueranno a prosperare e collaboreranno per
creare un mondo più pacifico e più sicuro. Grazie a tutti voi. Grazie». [Applausi]

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Die Giftschiffe der kalabrischen Mafia

(Si ringrazia il blogger Francesco Dotti per aver cortesemente concesso l'utilizzo di questa splendida vignetta, da lui ideata e disegnata. Cliccate qui per visitare il suo blog). Jörg Bremer Artikel entnommen Frankfurter Allgemeine Zeitung Die „Cursky“ hätte der erste Beweis sein sollen, nun geht es um die „Rigel“. Sie soll voll beladen mit Giftmüll in den Tiefen des Tyrrhenischen Meers vor der süditalienischen Region Kalabrien liegen, versenkt von der Mafia. Die soll das mit etwa in den achtziger und neunziger Jahren mit mehr als 30 Schiffen gemacht und dabei gleich mehrfach verdient haben: Sie kassierte für den Transport und die angebliche Entsorgung des Giftmülls und dann die Versicherungssumme für das untergegangene Schiff. Die „Cursky“ wurde nicht gefunden, obwohl ein Kronzeuge aus der Mafia die Koordinaten angegeben hat, an denen er das Schiff 1992 selbst versenkt haben will. An der angegebenen Stelle in etwa 490 Meter Tiefe auf dem Grund vor der Bucht von Cetrar