Moltissimi opinionisti di casa nostra si sono affannati,nei giorni scorsi, a esaltare una presunta supremazia sudamericana al mondiale.
Mi sveglio la mattina del 4 luglio, l'Independence Day, e' trovo il calcio ancora molto, forse, troppo dipendente dal Vecchio Continente.
Guardando il tabellone , l'ultimo baluardo dell'America Latina resta l'Uruguay , squadra di gregari impreziosita da una grande conferma , Forlan, e da un giovane esplosivo, Perez.
Le altre tre caselle delle semifinali sono occupate da Olanda, Spagna e Germania, colpevoli dell'estinzione di un calcio sudamericano lezioso e spocchioso.
Il Brasile, simboleggiato dalla tronfia mascella di Julio Cesar, prende due sganassoni da Snejder.
Il Paraguay, da noi sollevato a squadra da battere nel gironcino italico, viene buttato fuori dall'infinito Villa.
L'Argentina e' vittima di uno psicodramma , vissuto appieno da Maradona , che finalmente comprende cosa significhi allenare.
Loew impone, per parafrasare un celebre spot, la "supremazia tecnologica tedeca": i teutonici giocano con meccanismi perfetti e infallibili.
La Germania e' devastante.
Maradona ha speso tutto il mondiale a spiegare quanto l'Argentina fosse superiore alle altre e quanto Messi potesse essere decisivo .
Poi sono arrivati 11 tedechi e gli hanno spiegato che il calcio non e' solo tango, ma può diventare sinfonia : "l'Eroica" di Beethoven. Eroica proprio come gli sbarbatelli tedeschi.
Maradona ha creduto di essere il migliore anche su una panchina, dispensando baci e abbracci teatrali persino al suo massggiatore.
Ha trepidato in conferenza stampa, affermando di voler guidare il Napoli.
I napoletani, come sempre e' successo con Diego, si sono lasciati rapire tanto che, in questi giorni, la dolce Partenope sembrava Rosario.
Fossi in loro mi terrei stretto Mazzarri, quasi quanto i ricordi di Diego .
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