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Rosa Battaglia su "Vision" ci parla del nuovo libro di Silvana Grasso, "L'incantesimo della buffa"







 La Grasso che incanta: incontro con la scrittrice alla presentazione del suo ultimo libro
di Rosa Battaglia 

Si è svolta lo scorso 19 Aprile nella libreria Cavallotto di Catania la presentazione dell' ultimo libro di Silvana Grasso “L'incantesimo della buffa” edito da Marsilio Editore - il più bello in assoluto a detta di molti - introdotto dal Professore della cattedra di storia dell'Università degli studi di Catania Giuseppe Barone, “entrato come un bisturi” nel libro della scrittrice, rimandando alla stessa “un libro meraviglioso che lei non ha scritto”.

Roccazzelle diventa il paese immaginario e traslato di una comunità (quella gelese) dove la seconda Grande guerra mondiale arriva a stento, in quella guerra ancora più grande, che ogni essere umano è costretto a combattere.

E' questa Silvana Grasso. Questa e molto di più per chi ha avuto il piacere di conoscerla, di studiarla (oltre 130 tesi di laurea), la fortuna di averla come insegnante, l'onore di intervistarla.
Entra nel mondo dei piccoli, degli umili, della gente senza storia, afferra la grande sfida di una scrittrice autentica: attraversare il senso profondo della contingenza umana, in un affresco che ritrae la Sicilia di metà secolo.

Sono presenti le eco della seconda guerra mondiale, lo sbarco degli americani in quella lontana notte del 10 luglio 1943, il dramma dell'olocausto sfiorato con una delicatezza che trafigge: scava nell'anima dei personaggi Sivana Grasso e vede attraverso i loro occhi, ognuno con il suo pezzetto di guerra da combattere.

«Io sono il grande Pubblico Ministero di me stessa , mai paga di quello che ho fatto, come se avessi un debito con la scrittura di cui sono serva, non domina».
Una scrittura verghiana eppure mitica, aulica e insieme terrena, ricercatissima e dialettale. Una ricerca lessicale “esasperata”, conferma la stessa scrittrice, rivelando ai presenti in sala un segreto che non rivelerà mai più – e che genera una commozione palpabile rotta da un forte applauso - «la ricerca delle mie parole è tale perché io, di parole, da bambina ne ho avute troppo poche».

Poche, come quelle dei suoi personaggi, raccontati per introspezione e che raramente riescono a raccontarsi in un dialogo diretto. C'è Agostino affetto da strammarìa,  Agnello con quella sua mania di lavarsi in continuazione le mani, Toni che conosce più morti che vivi, donna Marena madre  orfana di figlia, che ogni giorno si reca al cimitero nemmeno la guerra aveva cambiato le sue abitudini, ne aveva fatta una ragione di vita.

E poi ci sono i due innamorati protagonisti (primus inter pares) Gesù e la non vedente Tea per questo orfana e colpevole - i figli non si lasciano, si uccidono piuttosto - ... che se Gesù avesse potuto darle anche solo uno dei suoi occhi...erano neri a mandorla, non belli né intonati alle sue carni d'angelo ma buoni per vederci. Invece no, non si poteva. Perché la Natura, il Tempo, la Morte, il Caso, la Buffa, scelgono un po' per tutti e all'uomo non resta che affrontare la vita, che prima di ogni cosa, è lotta, una continua làstima, un'infinita disgrazia che prima o dopo sfregia tutti e ognuno c'ha il suo segno, la sua cicatrice, chi ce l'ha in vista e chi nascosta, invisibile.

Ecco l'inesorabile drammaticità lirica che racchiude la storia raggiungendo culmini altissimi all'interno del romanzo. C'è chi non ha occhi (Tea) eppure vede, e c'è chi ce li ha eppure non sa vedere. Quella drammaticità del vivere umile, raggiunta con le parole del silenzio dove è la natura a dettare ogni legge, dove è il mare - inquieto e mitologico - a decidere le sorti di chi impara a convivere con le sue correnti e che partorisce nuovi pezzi di costa facendo tremare tutt'intorno alberi pesci e cristiani, in quella Sicilia ventosa unico petto di madre su cui Gesù avesse mai dormito.
«Personaggi che ho castrato, abortito, che mi hanno anche stuprata – il pubblico a questo punto sorride – la Grasso replica - credetemi ci sono personaggi che uccidono».

Nel suo romanzo la morte appare sotto svariate forme: suicidio, malattia, aborto. Che rapporto ha Silvana Grasso con la morte e con l'immortalità?

«La morte per me è un passaggio, passaggio a un altro sé, a un'altra me. E' l'alba che cede al sole. È il sole che cede alla luna. La morte è solo una metafora che indica qualcosa da cui sono attratta. E' la metamorfosi del pensiero, dell'esistere, del suono, del mio parnaso interiore.
Dune che lasciano il passo a montagne, montagne che vengono scavate dalle onde del mare.
La morte è una metamorfosi che ci permette di rinascere altro».

Se c' era Dio, se Dio c'era. E invece no. C'è il Tempo, la Morte, il Caso, la Natura. E poi c'è anche la Buffa che si sa - scampo non ne lascia - e incanta.

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