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A 80 dalla morte di Gramsci, 80 anni vivendo Gramsci

Sono passati 80 anni dalla morte di Antonio Gramsci, ma il suo pensiero continua a far discutere e riflettere. La vastità dell'ingegno gramsciano è un terreno difficile da esplorare, ma regala continuamente nuovi punti di vista per rileggere il passato, capire il presente e affacciarsi consapevolmente al futuro.
Questo mi sembra di aver compreso ascoltando, incantato, l'intervento del Prof. Giuseppe Vacca alla UPTER di Roma.
Vacca, già professore di "Storia delle dottrine politiche" presso l'Università di Bari e deputato del PCI, ha diretto e presieduto la Fondazione Istituto Gramsci per quasi vent'anni. Ma il suo studio sul grande genio italiano del '900 inizia molto prima, negli anni giovanili.
Ripercorrendo sinteticamente quanto contenuto nel suo celebre "Vita e pensieri di Antonio Gramsci" (Einaudi storia, 2012), Vacca ha offerto al pubblico una sorta di manuale minimo per comprendere il Gramsci storico, politico e letterato tra il 1926 e il 1937, anno della sua morte. 
L'acume e la vivacità del racconto di Vacca sono difficili da esporre con i miei mezzi, così come lo è la passione per Gramsci dimostrata da questo giovanissimo settantanovenne.
Ho scoperto tanto rispetto a quel poco che sapevo.
Ad esempio, il primo recensore delle "Lettere dal carcere" fu il grande scrittore argentino Ernesto Sabato, solo dopo si avrà una recensione italiana dell'opera per mano di Benedetto Croce.
Vacca ci ricorda come la riflessione di Gramsci abbia bisogno di essere collocata nel suo tempo e in un clima politico-culturale così peculiarmente italiano da far ammettere a Raymond Williams, gallese, di non sentirsi in grado di scriverne. Anno 1977, convegno delle Trade Unions inglesi.
Vacca, nella sede della UPTER, spiega come Gramsci fosse contrario ai tentativi dell'epoca di università popolari, perché temeva potessero risolversi in meri fini paternalistici. L'insieme organico più grande di intellettuali era allora rappresentato dai preti che istruivano sì, ma non in funzione dell'educazione alla libertà, secondo Gramsci.
Ancora, in Cina solo nel 2007 si è avuta la prima traduzione integrale delle "Lettere dal carcere". Ma perché una minoranza cinese si è comunque interessata a riflettere su Gramsci? Forse proprio per comprendere quell'idea di pluralità all'interno del partito unico che, però, per l'intellettuale sardo era da proiettare nell'ottica di una modernità.
E proprio a questa ha guardato il convegno internazionale "Egemonia e modernità" organizzato nel maggio scorso a Roma: al rapporto oggi tra "Inclusi" ed "Esclusi", di cui Gramsci già parlava. Il rapporto tra inclusi nel sistema economico ed esclusi è omogeneo in tutto il mondo coinvolto dalla globalizzazione: 20 a 80!
Quindi un Gramsci attualissimo, ma anche "di altri tempi". Così fortemente indipendente e caratterizzato per le sue idee,  rischiò addirittura di essere espulso dal Partito Comunista, pur essendone il segretario, per decisione del collettivo del carcere. I collettivi del carcere, fino alla fine del 1930, potevano infatti espellere anche i segretari di partito. 
Vacca ha infine approfondito la figura di Gramsci "padre dell'idea di Europa". Come Mazzini, pensatore della democrazia. Per Gramsci la crisi dello Stato-nazione poteva essere superata solo con la costruzione di una democrazia post-liberale, a condizione che fosse una democrazia di partiti aperta alla sovranazionalità. Si spese molto a favore di un'Unione europea verso un cosmopolitismo di tipo moderno.
Per chiudere: il difficile rapporto con Togliatti.
Un aneddoto sintetizza forse tutto: dopo il 1935 Gramsci espresse alla cognata la volontà che i suoi Quaderni non andassero mai nelle mani di Togliatti.  
   

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